lunedì 23 febbraio 2015

Perché usare il Coaching per l'orientamento scolastico?

Iniziamo leggendo questo articolo di Alessandro D'Avenia, pubblicato su La Stampa il 4/12/2011…


"Capirsi con il cuore" di Alessandro D'Avenia



"Essere pienamente ciò a cui si è chiamati". Ma se non si è ancora coscienti di quello che si è, come si fa a capirlo davvero?Il Coaching è uno strumento che aiuta a tirare fuori le proprie potenzialità e competenze e a svilupparle.Usare un approccio di questo tipo per l'orientamento scolastico in III media inferiore, oppure in IV e V superiore, è un aiuto molto efficace per non sbagliare strada. Molte persone infatti commettono o hanno commesso questo errore e, solo una volta intrapreso il tragitto sbagliato, se ne rendono conto. A questo punto, spesso è troppo tardi. Ecco perché un aiuto individuale di questo tipo può essere utile a capirsi davvero, a raggiungere i propri sogni e vederli diventare realtà.

In ognuno di noi c’è una fiamma che può svilupparsi e crescere o ridursi in brace. E’ la fiamma della nostra più vera essenza, quella che ci rende unici, rispetto al resto del mondo.La natura dà a tutti semi e potenzialità. Sta a noi farli diventare frutti. Quali sono le aspettative, i desideri, i progetti e i sogni più fantastici che vorremmo realizzare? Nelle favole è un compito affidato alle fate e ai maghi, ma nella vita reale nessuno ci insegna come scoprire i nostri sogni né soprattutto in che modo possiamo realizzarli.Allora come scovare il nostro sogno?Spesso rischiano di essere sogni presi a prestito dalla pubblicità o dalle persone che abbiamo accanto. Poi però nella realtà divengono matrici di frustrazioni.  Siamo spesso disponibili ad esaudire le pretese del mondo intero, mentre i nostri bisogni scivolano in secondo piano, sempre più in fondo, sotto strati di incombenze che non sempre ci appartengono. Ma le nostre esigenze sono lì, vitali, anche se impolverate, chiedono solo di essere rispettate e se non lo facciamo, inviano segnali inconfondibili: malessere, insoddisfazione, disagio. 
Rintracciare i propri desideri più profondi, immaginare il nostro migliore futuro, richiede impegno, dedizione, concentrazione e una profonda introspezione.
Ma il sogno autentico è scritto a caratteri indelebili nel nostro DNA e non avremo pace finché nella nostra vita non l’avremo realizzato.In questa fase, l’idea può venire dalla possibilità di confrontarsi, confidarsi, essere sostenuti e incoraggiati da un coach, una persona che stimiamo e che ha fiducia in noi, un professionista del cambiamento che funge da supporto, stimolo e cassa di risonanza della propria creatività.In che modo il coach accompagna lo studente verso la scoperta della sua unicità?Si inizia con l’esplorazione, attraverso l’arte del fare domande.Si tratta di una vera e propria arte, perché con pazienza, metodo, logica, intuizione, libertà e fiducia il coach entra nel mondo del ragazzo. Pone quesiti pratici che hanno lo scopo di allargare le prospettive. Respira i contesti, i comportamenti, le strategie, i valori dell’individuo, avvicinandosi a quella che è la sua identità profonda. L’abilità del coach non sta solo nel fare domande, ma anche di restituire il feedback riflessivo, potentissimo strumento di consapevolezza e che risponde alla domanda “Cosa c’è di unico in questa persona?” A questo punto ci stiamo avvicinando all’identità profonda della persona, che è come l’atmosfera che si respira in una casa. Quando entriamo in una casa, molto spesso percepiamo questa atmosfera, che è un insieme di cose presenti. Tuttavia fatichiamo ad esprimerla a parole, perché proviene da un messaggio inconsapevole.Il coach dovrà accompagnare il cliente ad avere consapevolezza di ciò che è presente e dare un nome all’atmosfera. A questo punto del percorso di coaching, emerge con forza la strategia dell’eccellenza di una persona, la sua unicità. 






Chi è il Prenatal Tutor e che cos'è l'educazione prenatale

CHI E'

Il Prenatal Tutor è un operatore (= colui che agisce, che compie un’azione). Il termine TUTOR tradotto dall’inglese significa: insegnante privato responsabile della disciplina e della condotta morale dei singoli studenti. Il TUTOR tradotto dall’italiano: è una persona che esercita la tutela, protettore e difensore. PRENATAL= tutto ciò che precede la nascita.
Il Prenatal Tutor informa, sensibilizza, propone, promuove ed educa (con empatia, con congruenza, con lo sguardo positivo senza condizioni) l’educazione prenatale e i suoi operatori cercano di far capire ai giovani, alle coppie e ai genitori la vita del bambino prima della nascita e i suoi rapporti con il mondo esterno, per far loro prendere coscienza della sua realtà e potersi adeguatamente relazionare con lui. Il fatto di riconoscere al nascituro le sue capacità impegna i genitori ad occuparsi di lui, delle sue esigenze e dei suoi bisogni e a provvedere affinché siano tutelati la sua naturale crescita e sviluppo.
L’educatore prenatale provvederà ad un’accurata informazione sulla vita e sulla psicologia del nascituro avviando la comunicazione verbale e psicotattile della madre e del padre con il bambino. Tutto questo ha lo scopo di facilitare l’attaccamento e spinge i genitori a riflettere sulla propria condizione personale e sul rapporto fra loro e con il bambino all’interno della nuova triade.
Il Prenatal Tutor è un “genitore provvisorio” per la triade madre–padre–bambino durante la gravidanza, rassicurando così le coppie in attesa (mantiene questo ruolo solo per il periodo del corso). Così facendo la gestante si prende una necessaria, salutare e positiva pausa nella dipendenza dalla madre e sostituisce la figura. L’operatore deve essere in grado di fornire alla gestante gli strumenti necessari a raggiungere una crescita e un indipendenza personali, questi strumenti le consentiranno di affrontare consapevolmente le tappe che incontrerà durante questo percorso, proprio come fa un genitore quando, attraverso un metodo educativo, favorisce nel figlio una propria autonomia.
L’educatore prenatale deve inoltre sostenere la donna nel suo diventare madre facilitando la nascita del nuovo legame e dell’attaccamento, non soltanto fornendo le adeguate informazioni sul figlio ma proponendole inoltre l’analisi del bonding e strumenti pratici che lei utilizzerà per entrare in un corretto contatto affettivo e comunicativo con il suo bambino sin dalla gravidanza.
Il ruolo del tutore prenatale è dunque quello di un GENITORE NORMATIVO POSITIVO che si prende cura e protegge la triade madre-padre-bambino informando e spiegando. Inoltre il tutore prenatale rivestirà il ruolo di GENITORE AFFETTIVO.

Il Prenatal Tutor deve conoscere:

            il valore della vita prenatale
  • la donna in gravidanza
  • la gravidanza
  • la nascita
  • il ruolo del padre
  • il significato delle figure genitoriali
  • le regole di una buona comunicazione
  • la promozione del bonding prenatale
  • l’abilità nel trasmettere questo sapere

Il PN è un facilitatore, deve riuscire ad entrare in empatia, essere congruente e avere un’accettazione positiva incondizionata.
Il Prenatal Tutor, oltre ad avere approfondito i molteplici aspetti biofisici e psicologici legati al percorso che va dal concepimento al parto, e la vita fetale in particolare, ha svolto un lavoro di studio e conoscenza di se stesso acquisendo consapevolezza dell’importanza di saper riconoscere ed evitare le proprie proiezioni personali.
É importante inoltre che il Prenatal tutor sia consapevole che di fronte ha una persona che sta subendo una profonda metamorfosi, sia fisicamente che psicologicamente, e che a tutto ciò si sovrappone una graduale e tipica regressione infantile che rende la donna più sensibile e fragile, con un gran bisogno di rassicurazione.
COSA DEVE FARE IL PRENATAL TUTOR
Il Prenatal Tutor dovrebbe essere in grado di favorire l’autonomia del cliente ed incentivare il concetto di responsabilità individuale. Dovrebbe avere un atteggiamento accettante e stimolare le capacità di scelta e di crescita personale e il suo intervento si configura in un approccio di tipo socio-psico-pedagogico, e non psicologico in senso stretto.
COSA PUO’ FARE
Può informare, può sensibilizzare, può promuovere, può affiancare, può sostenere ed educare (nel senso di tirar fuori quello che abbiamo dentro...).

COSA NON PUO’ FARE
Non può fare analisi, non può sostituirsi a figure tipo ostetrica, psicologo, ginecologo. 


     



Riferimento sitografico www.anep.org 

Il Coaching e il Counseling: differenze e analogie


Cos’è il Coaching?

Il coaching è una partnership tra un coach qualificato e una persona o un team che mira al raggiungimento di risultati straordinari sulla base di obiettivi stabiliti. Un coach aiuta i suoi clienti ad identificare e definire i loro obiettivi, definire ed implementare strategie per il loro raggiungimento. Il coach è insieme a loro, incoraggiandoli in ogni fase. Attraverso il processo di coaching le persone si concentrano sulle competenze e sulle azioni necessarie per produrre con successo risultati personali rilevanti. La persona o il team sceglie l’argomento della conversazione , mentre il coach ascolta  e contribuisce con osservazioni e domande ma anche con concetti e principi che possono aiutare a generare opportunità ed a identificare delle azioni. In particolare il coach aiuta a raggiungere gli obiettivi attraverso l’esplorazione/valorizzazione/allenamento di potenzialità, poteri e talenti individuali e/o organizzativi.

Cos’è il Counseling?

IL Counseling è l’ incontro tra counselor e paziente in cui attraverso il dialogo e la qualità della relazione che si instaura, si creano le condizioni ottimali per alleggerire il peso di preoccupazioni e dolori condividendoli con un ascoltatore attento, sensibile e partecipe. Il cliente viene “aiutato ad aiutarsi”, viene guidato a esaminare la sua situazione da diversi punti di vista sino a quando lui stesso riesce a scorgere nuovi orizzonti e diverse possibili soluzioni ai suoi problemi. Il counseling è un processo di formazione all’arte di saper gestire se stessi, incrementa la consapevolezza di sé. 


Quali differenze e quali analogie riscontriamo?

Il coaching  è una professione che supporta la crescita e lo sviluppo personale e professionale basato sul cambiamento individuale e orientato a specifiche azioni e risultati perseguibili. Il counseling è l’arte dell’ascolto. Attraverso l’ascolto si aiuta cioè una persona a sentirsi accolta e protetta così che possa tirar fuori i problemi esistenziali che la turbano nel qui ed ora. Sia il coaching che il counseling sono arti maieutiche, che non si propongono né di curare, né di addestrare. Il loro obiettivo è quello di tirare fuori le potenzialità presenti in ciascuno. La MAIEUTICA nasce con Socrate ed è la tecnica per cui, attraverso il dialogo, le verità sedimentate nella coscienza vengono portate alla luce e palesate dagli interlocutori con i propri mezzi in ragione dei passaggi logici propri del discorso. Il suo compito quindi, non era tanto insegnare la verità, quanto piuttosto quello di aiutare l'interlocutore a partorire la verità da sé, poiché ogni uomo, come si è detto, può venire a contatto con la verità nell'intimità non mediata della propria coscienza.
La prospettiva del coaching si dirige in avanti e si concentra sul futuro. Il counseling invece ha a che fare con la cura di una sofferenza e con disfunzioni e conflitti relazionali nel presente. Con il counseling si prova soprattutto a migliorare il funzionamento psicologico ed emotivo dell’individuo. Mentre nel coaching  si vuole pervenire a emozioni positive, poiché la cosa più importante è quella di creare delle strategie realizzabili  per il  raggiungimento di    specifici obiettivi nella vita privata o professionale. Nella relazione di coaching si da molta importanza all’azione, alla responsabilità, al proseguire le azioni avviate, ai cambiamenti pratici che il cliente può operare nella sua vita.
Nel counseling l’elemento essenziale è la relazione che si instaura tra il counselor e il cliente in quello specifico momento. Il cliente deve sentirsi accolto e protetto, deve avere la possibilità di sfogarsi e tirar fuori tutte le sue preoccupazioni. Nel coaching invece questo è solo l’inizio. Oltre ad accogliere, ascoltare ed allearsi con il cliente, il coach dovrà aiutarlo a tirar fuori le proprie potenzialità, a usarle e sfruttarle nella vita di tutti i giorni e a rimanere focalizzato sui propri obiettivi. Inoltre gli fornirà anche strumenti e metodologie per raggiungere mete più impegnative di quelle che si sarebbe posto da solo, quindi lo spronerà a fare sempre meglio.


Sarebbe possibile creare il “CoachCounseling”?


Essendo entrambe arti maieutiche e con il medesimo scopo, si potrebbe utilizzare inizialmente il counseling come puro ascolto e accoglienza, dopo di ché andare oltre con il coaching e tirare fuori le vere potenzialità del soggetto, spronandolo a fare sempre meglio. Questo soprattutto quando il cliente vuole analizzare le cause del suo problema, prima di affrontarlo e superarlo.
Si potrebbe proprio creare una nuova figura denominata “coachcoun” che potrebbe essere un mix perfetto tra il coach e il counselor, così da prendere gli elementi positivi dell’ uno e dell’ altro e integrarli. Bisogna comunque tener presente il fatto che un buon coach non può essere tale a meno che non sia anche un buon ascoltatore, quindi un buon counselor. Infatti uno dei requisiti principali nel coaching è proprio l’ascolto. Non si possono capire le potenzialità della persona che abbiamo di fronte se prima non l’accogliamo e non l’ascoltiamo. 
Inoltre, bisogna tenere ben presente che le persone in alcuni casi vanno da un coach non tanto per sviluppare le proprie abilità e potenzialità, quanto per una crisi di autogoverno della propria vita, cioè quando non sanno quale decisione sia la più giusta per loro. Questa cosiddetta crisi, porta sempre con sé notevoli sofferenze psicologiche, emotive e relazionali. Proprio in questa fase, potrebbe essere usato un approccio basato sul counseling, essendo il counselor una figura principalmente di sostegno esistenziale e psicologico. Infatti egli possiede conoscenze e competenze psicologiche atte a favorire soluzioni per disagi esistenziali e di comunicazione interpersonali e intrapsichiche. Quindi, per sfruttare al meglio le risorse di questi due approcci, dovremmo semplicemente al principio concentrarci sul counseling e successivamente sul coaching. 

Il “coachcoun”, essendo un esperto di entrambi gli approcci, dovrà inoltre valutare bene la persona che si troverà di fronte. Alcuni clienti infatti, si rivolgeranno a lui già con le idee chiare, ma altri dovranno invece essere guidati verso la direzione migliore. Ci potremmo quindi trovare di fronte ad un cliente particolarmente esigente dal punto di vista emotivo e psicologico, o al contrario trovarci di fronte una persona che vuole risolvere un problema molto pratico che non ha nulla a che vedere con atteggiamenti intrapsichici.   


Dott.ssa Sara Macario-Gioia 
Counselor & Life Coach
www.saramacariogioia.it